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Vita all'università | L'Orientale Web Magazine

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3. 05. 2010| Vita all'università

Intervista alla professoressa Rossella Bonito Oliva, presidente della Commissione Etica de “L’Orientale”.

Prima in Campania, l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” ha emanato il 30 ottobre 2009 un Codice Etico che si indirizza a professori, ricercatori, personale tecnico-amministrativo e studenti. Dal confronto tra i docenti Rossella Bonito Oliva, Francesco De Sio Lazzari, Valentina Grado, Cristina Vallini e la dottoressa Paola Rossi si è giunti a una dichiarazione di principi, il cui fine è di promuovere e salvaguardare alcuni valori decisivi per la cultura universitaria, quali la dignità umana, il rifiuto di ogni discriminazione, la tutela della libertà, l’onestà, l’imparzialità e la trasparenza.
Abbiamo incontrato Rossella Bonito Oliva, presidente della Commissione Etica, docente di Filosofia morale, Ermeneutica filosofica ed Etica della comunicazione, e Direttore del Dipartimento di Filosofia e Politica, per porle alcune domande sul Codice.

Perché è nata l’esigenza di un Codice etico di Ateneo?

Si tratta della risposta ad una indicazione ministeriale. In realtà questi codici sono nati in un primo momento nelle università anglosassoni, per far fronte ai problemi di quelle facoltà che avevano rapporti con l’esterno (ingegneria-fisica), al fine di delineare una cornice in cui potessero essere definiti i rapporti con l’imprenditoria e alcuni enti che assumono un ruolo sempre più importante rispetto alle università. Di qui la necessità di definire con precisione il rispetto di alcuni principi non specificati dal codice civile e penale.

 

Può avere una reale efficacia e migliorare l’immagine sociale dell’Università?

Certamente. Il Codice Etico può contribuire in parte a ridare autorevolezza all’Università perché rappresenta l’intenzione dichiarata di rispettare i principi fondamentali in esso enunciati, ma tutto questo ovviamente si rende possibile solo nella misura in cui ci sia la volontà dei singoli individui. In Italia lo hanno redatto per prime le Università più in difficoltà, per rispondere alle polemiche e per bloccare fenomeni che avevano assunto ormai la forma di una forza invalidante per l’università stessa. Il codice etico ovviamente è un codice di autoregolamentazione e in quanto tale richiede accanto alla sua emanazione, l’accettazione di tutte le componenti degli Atenei. A Bari, per esempio, si specifica che ogni componente può dichiarare di non accettare il codice, ma questo rifiuto viene poi valutato nell’attribuzione di fondi e nella possibilità di far parte degli organi di ateneo. Noi abbiamo preferito dare per scontato che il codice riguardasse tutti i componenti dell’ateneo, fermo restando che può esservi la libertà di sottrarsi con una dichiarazione alle norme del codice. In questo caso l’Ateneo agirebbe con la prudenza del caso nei confronti di questo individuo per quanto riguarda incarichi di responsabilità più ampia e finanziamenti.

 

Nel preambolo si parla di valori cardine dell’istituzione universitaria quali “l’equità, l’imparzialità, la leale collaborazione e la trasparenza”. Ciò è strettamente legato al problema del nepotismo. Il codice può risolvere effettivamente il problema?

Non solo il nepotismo, perché ci sono forme più sotterranee di favoritismo. La Commissione funziona anche da osservatorio ed è prevista la possibilità che gli studenti denuncino situazioni poco chiare. A quel punto la commissione deve accertare i fatti e stilare una relazione che viene consegnata al Rettore e alle altre istituzioni universitarie incaricate di prendere i provvedimenti adeguati. Il Codice si sforza di risolvere il problema perché mette alcuni paletti. Per esempio: non è possibile chiamare figli o parenti stretti all’interno dello stesso dipartimento o erogare contratti a parenti di dipendenti in caso di contiguità di responsabilità, funzioni o gestione di fondi .

 

 

Dall’emanazione del Codice si è avuto qualche risultato?

Sì, già siamo riusciti a bloccare alcune situazioni. Il Codice in questo modo funziona da deterrente e allo stesso tempo è un segnale forte rispetto agli interrogativi della società civile.

 

 

 

Come è possibile fare una denuncia?

Esiste un indirizzo e-mail: com.etica@unior.it oppure si può fare la segnalazione in forma cartacea al Rettorato.

 

 

Quali sanzioni sono previste per la violazione di uno degli articoli del Codice?

Il Codice non ha un valore punitivo e prescrittivo, ma orientativo. Nel caso sia stato violato in uno dei suoi punti, la Commissione, dopo un’adeguata istruttoria, segnala l’accaduto al Rettore, proponendo una sanzione disciplinare proporzionata ai fatti, e quest’ultimo decide in modo definitivo.

 

 

L’art. 3 dice che l’università deve “valorizzare la libertà intellettuale e il libero scambio delle idee intellettuali come essenziali per il raggiungimento della sua missione istituzionale e accademica, e si impegna, altresì, a proteggere i suoi componenti da qualsiasi tentativo di limitazione o violazione di tale libertà”. Mi viene in mente un breve scritto di Derrida sull’incondizionatezza, cioè sulla indipendenza e l'autonomia dell'insegnare e dell'università che non possono e non devono essere piegate ad alcun potere: né al potere statale né al potere economico né ai poteri mediatici, ideologici e religiosi. Mi sembra una questione decisiva. Che cosa ne pensa?

Alcun tipo di potere deve agire all’interno dell’esperienza didattica e ovviamente al primo posto si colloca sempre la libertà di insegnamento. Nessun codice può incidere sulle intenzioni e i comportamenti dei docenti, i quali però devono esercitare in maniera etica e civile la propria funzione. In caso di palese infrazione della libertà di pensiero e di espressione si può segnalare il comportamento punibile sostanzialmente anche a partire dal codice civile oltre che etico.

 

 

Ci si è ispirati a qualche altro documento per la stesura del Codice?

Sono stati presi in considerazione tutti i codici redatti fino a quel momento. Ad oggi “L’Orientale” è l’unica università campana a essersi munita di un codice che può costituire un esempio per tutti gli altri atenei.

 

 

Sono necessari altri codici?

Non credo. Se si acquistasse piena coscienza di questo strumento, non sarebbero necessari ulteriori codici, dal momento che tutti i componenti della comunità universitaria si dovrebbero sentire in dovere in primo luogo di osservare anche i codici civile e penale. 

Autore: Aniello Fioccola

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intervista!

mi sembra un'ottima intervista:
molto utile a tutta la comunità dell'Ateneo, perché chiarisce bene
genesi e fini di un testo importante come il Codice Etico.

buone e ben calibrate le domande, e molto precise le risposte.

(Francesco De Sio Lazzari)

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