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Vita all'università | L'Orientale Web Magazine

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26. 07. 2010| Vita all'università

"Ovvio puntare sull’Orientale, visto il prestigio di cui gode"

Francesca Campana, neolaureata dell’Orientale, ci parla della sua recentissima conclusione del percorso triennale. E non sembra avere dubbi: "L’esperienza all’Orientale è stata positivamente sorprendente". I problemi? Vediamo con lei quali sono

Partiamo dalle informazioni basilari: in cosa ti sei appena laureata?

Ho frequentato il corso di "Lingue, culture e istituzioni dei Paesi del Mediterraneo" e ora sono felicemente un dottore in "Lingue, letterature e culture straniere". Per la precisione, in Inglese e Spagnolo.

E come ci si sente una volta raggiunto questo traguardo?

Fondamentalmente non cambia nulla. È uno dei falsi miti della gioventù, come quando non vedi l’ora di compiere 18 anni. La verità è che arriva il grande giorno e tu non te ne sei neanche accorto, perché eri troppo occupato a pensare alla tesi e ai moduli da consegnare in segreteria.

Perché, concluso il liceo, hai scelto di studiare lingue? E, soprattutto, perché all’Orientale?

Fin dalle medie ho sempre avuto due passioni, a scuola: l’inglese e la matematica. Il liceo scientifico mi ha fatto un po’ cambiare idea sulle scienze matematiche, ma l’amore per l’inglese è rimasto intatto; per questo, alla fine del liceo, ho pensato che questo grande interesse potesse avere anche sbocchi occupazionali interessanti. Per quanto riguarda la scelta del dove studiarle, mi è sembrato ovvio puntare sull’Orientale, visto il prestigio di cui gode.

Ecco, tocchi subito un punto fondamentale: il post lauream. Hai intenzione di proseguire e iscriverti ad una Laurea Magistrale? Se sì, dove?

Non credo che un percorso che si limiti alla triennale abbia molte prospettive, quindi ad ottobre ho deciso di iscrivermi al Corso di laurea in "Lingue e Comunicazione interculturale in area euromediterranea"attivato qui all’Orientale, che mi permette di unire lo studio delle lingue a quello delle discipline della comunicazione. Mi interessa molto questa commistione. Del resto mi sono laureata con una tesi in "Teoria e Tecniche delle Comunicazioni di Massa" col professore Vito Campanelli.

Quindi riconfermerai la scelta dell’Orientale!

Ho pensato che questa laurea possa aprirmi la strada per lavorare in aziende o enti, anche nel campo editoriale, che abbiano bisogno di laureati flessibili ed abituati a confrontarsi con vari tipi di problemi e mansioni. Certo, sono consapevole del fatto che sarà in ogni caso un percorso difficile, ma vedo più fattibile questa strada, rispetto quella che potrebbe portare all’insegnamento, per quanto mi attiri molto.

Una scelta carica di aspettative, quindi. E quali erano, invece, quelle che avevi quando ti iscrivesti tre anni fa? Sono state soddisfatte? L’Orientale meritava la fama di cui sapevi prima di iscriverti?

Quando mi iscrissi avevo già, certo, la passione per l’inglese e tanta voglia di cimentarmi con lingue nuove, ma devo dire che, nonostante alcuni lati negativi, l’esperienza all’Orientale è stata positivamente sorprendente. Mi sono ritrovata a studiare una serie di discipline complementari alle lingue che mi hanno stimolato tantissimo, come Storia e Critica del Cinema o, appunto, Teoria e Tecniche delle Comunicazioni di Massa che tanto e in modo così vario hanno contribuito alla mia formazione. Uno dei punti di forza dell’Orientale forse è proprio in questo.

Parli di “punti di forza”, ma anche di “lati negativi”. Facciamo un breve bilancio in forma di “pros and cons” di cosa significhi studiare all’Orientale.

Partiamo dai contro, così poi ci consoliamo con i pro? Beh, gli ormai proverbiali problemi organizzativi sono innegabili, anche se viene da chiedersi se non siano comuni a moltissimi altri atenei. Fatto sta che quelle dei corsi accavallati, con orari improponibili e delle aule sovraffollate non sono leggende metropolitane. Ho notato, inoltre, che spesso si inseriscono esami poco coerenti coi piani di studio dei vari corsi di laurea; un aspetto da non sottovalutare, proprio perché dicevo che considero la varietà come un valore, purché sia razionale!

Questo ci porta ai lati positivi. Varietà di scelta, e poi?

Certamente sul piano didattico posso dirmi pienamente soddisfatta della mia esperienza. Ho potuto imparare da professori preparati e solo raramente poco disponibili al confronto con gli studenti. Finché c’è questo a sostenere il suddetto “prestigio” dell’Orientale, si è disposti anche ad andare incontro a qualche ostacolo logistico. Sono contenta, inoltre, del fatto che abbiano ristrutturato l’offerta formativa: si spera che si sia raggiunta la razionalizzazione di cui parlavo prima. Che fosse proprio la sovrabbondanza di corsi e curricula a causare il caos negli orari e nel sovraffollamento delle lezioni?

Ma, soprattutto, il più grande valore che possa insegnare L’Orientale è l’apertura mentale. Siamo addestrati in ogni corso, ad ogni lezione a considerare culture altre rispetto alla nostra, nel mio caso quelle dell’area mediterranea, da un punto di vista globale e quindi più obiettivo, scardinando alla base qualsiasi pregiudizio. Questo è un insegnamento importante, che ogni persona dovrebbe ricevere.

A proposito di pregiudizi, non bisogna per forza uscire dall’ambito della cultura italiana per trovarne: ne circolano parecchi anche sulle discipline umanistiche. Noi studenti ci sentiamo spesso dire che lo studio universitario delle lingue è inutile perché le si può benissimo imparare da soli, e perfino che studiamo cose “semplici”, quando parliamo di cinema, letteratura o, prendo spunto dal tuo indirizzo, cioè Comunicazione. Tu cosa ne pensi?

Per quanto riguarda lo studio delle lingue, credo che chi parla in questo modo non ha mai provato a impararne una da solo. È difficile per noi studenti, che disponiamo di docenti, di CEL e di una serie di altre guide nel nostro apprendimento, figurarsi per qualcuno che approccia una lingua nuova da autodidatta. Inoltre lo studio in solitudine non ti permette di contornare la lingua di tutti gli aspetti della cultura ad essa correlata, o almeno non a 360 gradi come accade in una Facoltà di Lingue.

L’altro aspetto, invece, abbraccia un discorso più ampio. Pare che al giorno d’oggi debbano importare solo numeri, calcoli, ingegneri e medici, ma non è così e non lo sarà mai. È vero, secoli fa l’arte e la letteratura avevano un ruolo diverso nella società, ma non è che adesso siano scomparse! Inoltre, proprio perché il mondo d’oggi è, tanto per usare un termine trito e ritrito, globalizzato, una figura flessibile e di mediazione come il laureato in lingue è quanto mai utile e attuale.

 

Autore: Mariavittoria Petrella

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