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Vita all'università | L'Orientale Web Magazine

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31. 07. 2010| Vita all'università

Intervista ad Amneris Roselli, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia

"Da quando sono all’università questo è il periodo più difficile mai visto e l’unico modo di andare avanti è lavorare uniti"

Quali sono i suoi programmi dopo la sua recente rielezione?
Si tratta di portare a compimento qualcosa di già intrapreso, un miglioramento della Facoltà dal punto di vista dell’offerta didattica e dell’organizzazione delle procedure  burocratiche che riguardano da vicino gli studenti (piani di studio, prenotazione e verbalizzazione esami online). In questo senso vorrei  rendere più facile il rapporto degli studenti con la Facoltà.
Per quanto riguarda i corsi di studio il discorso è molto più d’ateneo che di facoltà, dal momento che bisogna ragionare in termini di accordi e di programmazione complessiva.

Che cosa cambierebbe nell’Orientale?
Oggi la domanda potrebbe essere “Che cosa cambierebbe dell’università italiana?” perché la nostra università soffre degli stessi mali di tutte le altre. Il problema è che si è legati a procedure molto ingessate. Ci sono regole, classi, sottoclassi, c’è tutto un sistema di regole che in alcuni casi rende difficile valorizzare certe potenzialità che le università hanno.
Un altro punto che si dovrebbe sviluppare meglio nell’università italiana è una didattica che non sia esclusivamente frontale ma che sia dialogica. Dunque potenziare laboratori, seminari e, in generale, le attività connesse con la pratica. 

Quali sono gli sbocchi professionali della Facoltà?
Sono gli sbocchi di laureati che hanno una competenza nel campo delle culture e delle lingue. Non è la competenza specifica degli interpreti ma quella più ampia di chi sa leggere i fatti, la società contemporanea e quella passata, in alcuni casi anche il territorio, come gli archeologi. Ciò significa una mancanza di definizione di sbocchi professionali precisi, a parte l’insegnamento che però non riguarda tutti i corsi di laurea. D’altra parte, ne deriva anche una grande duttilità. Spesso le aziende cercano laureati che abbiano capacità molteplici: esse insegnano in sei mesi quanto serve tecnicamente per la loro azienda. Avere di fronte un laureato duttile rende il loro lavoro più facile.

Come è il suo rapporto con i rappresentanti degli studenti? È un rapporto costante? Positivo?
Con mio grande dispiacere il rapporto con i rappresentanti degli studenti è molto labile. Gli studenti vengono spesso a presentare i loro problemi e le loro situazioni, ma a titolo personale.  Adesso ci sono dei rappresentanti rieletti e credo che si possa avviare un discorso più intenso. Negli anni prossimi si andrà verso una ristrutturazione generale del sistema–università e la presenza degli studenti dovrà essere importante. D’altra parte la loro partecipazione ai consigli di facoltà è fondamentale perché possono esercitare una forma di controllo.

Ha letto la recente lettera di una studentessa dell’Orientale sul giornale online “Il Levante”? Che cosa ne pensa?
C’è sicuramente del vero in quello che dice perché c’è tutto un sistema di norme da rispettare che rende difficile distribuire le competenze. Bisogna lavorare per eliminare queste situazioni e per semplificare le regole. È vero, però, che stiamo attraversando un periodo di cambiamenti normativi. Dunque molto spesso le regole cambiano in corso d’opera rendendo incerte le risposte, il che ovviamente non è giusto, ma è anche umanamente comprensibile.

Non sarebbe utile monitorare gli interessi culturali degli studenti per attività formative o stage rispondenti non solo alle loro scelte professionali ma anche alle loro vocazioni più vere?
In un modello di università in cui si dialoga, gli studenti hanno voce in capitolo. Quindi non dovrebbero aspettare che siamo noi a indirizzarli paternalisticamente ma dovrebbero essere loro stessi a far presente l’interesse per una particolare attività. La maggior parte dei miei colleghi sarebbe molto felice di venire incontro a questo genere di richieste.

Che cosa pensa dell’Open Access?
Penso che sia un ottima cosa e che si debba continuare a lavorare per potenziarlo.

Crede che l'Orientale stia perseguendo una politica attenta e aggiornata in questo ambito?
Credo che l’Orientale stia lavorando bene su vari fronti. Quando sono arrivata qui, poco più di dieci anni fa, l’ateneo era decisamente indietro per tutto quello che riguarda la diffusione delle informazioni, la comunicazione, ecc. Oggi invece sono aperti molti canali in diverse direzioni.

I nostri dottorandi sono a suo avviso competitivi con quelli formati presso altri atenei, non solo italiani?
Non ho ragione di credere di no. In alcuni campi i nostri dottorandi sono davvero eccellenti e diversi nostri dottori di ricerca hanno avuto borse all’estero. Come in ogni cosa ci sono punte di eccellenza e noi abbiamo una valutazione su questo. Stiamo riflettendo in generale su tutto il sistema dei dottorati e occorrerà fare un restyling, una riorganizzazione.

A suo avviso, le politiche di diffusione della ricerca effettuata nell'ambito dei nostri dottorati di ricerca sono efficaci e competitive? Giudica adeguata ai tempi, ad esempio, la visibilità di tali ricerche nel Web?
Se si parla di pubblicazione di tesi online credo sia un' ottima cosa ma dobbiamo arrivarci con prudenza perché ci sono molte questioni connesse. Vado spesso a discutere tesi all’estero e la pubblicazione e la messa a disposizione della tesi a un pubblico più ampio, online o in altra forma, è subordinata a una serie di regole, di valutazioni specifiche.  Quando si parla di lavori di ricerca “alta” è bene per i dottorati essere visibili. L’ateneo non fa altro che dare ospitalità e in tal modo la gloria cade anche sull’università.

Lei legge libri in formato digitale?
Quasi mai, solo per necessità. Sono favorevole alla disponibilità digitale dei testi ma dopo preferisco stamparli per la lettura.

L’uso dei pc e del web agevola le abbreviazioni e le forme di scrittura contratte, che ormai sono all'ordine del giorno. Che cosa ne pensa? Vanno stroncate o tollerate come forma di evoluzione di un linguaggio che cambia continuamente nel tempo?
È necessario comprendere le circostanze. Si tratta di essere equilibrati. Sarei preoccupata se si utilizzassero forme contratte in un curriculum o in un mail inviato a un preside di facoltà ma sarei ugualmente preoccupata se si scrivesse in un italiano del ‘400.  Bisogna capire che esistono diversi livelli di scrittura, vari piani linguistici e si deve imparare a usarli in base alla situazione.

Che cosa le piace leggere nel tempo libero, oltre ai libri legati al suo ambito di studio?
Credo che la letteratura sia un’altra gamba per camminare e un modo per alimentare la fantasia. Leggo molto, soprattutto romanzi. Dalla letteratura antica a quella francese, dai gialli agli autori nordici e da quando sono a Napoli mi piace leggere scrittori napoletani.
Gli studenti potrebbero creare circoli di lettura a voce alta. Anche questo significa essere all’università e viverla in tutte le sue forme, senza limitarsi soltanto a studiare i testi d’esame.

Che tipo di musica ascolta? Quali sono i suoi autori preferiti?
Ho una grande passione per l’opera. Vado spesso al San Carlo e sono molto contenta che sia stata attivata con esso una serie di collaborazioni che coinvolgono anche gli studenti. Ci sono registi, costumisti, tecnici, che fanno lezioni per i nostri studenti, noi, invece, ci occupiamo di illustrare i temi delle singole opere. L’anno scorso, per esempio, siamo partiti con un ciclo di incontri sulla Maria Stuarda di Donizetti. Inoltre, il mese scorso abbiamo attivato una collaborazione con il Conservatorio di Napoli San Pietro a Majella.

Un’ultima domanda, con la quale ritorniamo alle sue funzioni: che cosa ha fatto, da quando è stato eletta Preside, di cui va veramente orgogliosa?
Il fatto che in Facoltà ci sia un ottimo clima. Si è acquisito un senso di compattezza,  di volontà di uscire da questa situazione nazionale molto difficile. Da quando sono all’università questo è il periodo più difficile che ci sia stato e l’unico modo di andare avanti è lavorare uniti.

Autore: Aniello Fioccola

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