Una conferenza di Giorgio Amitrano alla "Corte di Federico"
Monogatari, "racconti di cose": era il termine con cui i Giapponesi definirono il romanzo alla sua nascita, intorno all'anno 1000. Come "le cose" siano il sostrato imprescindibile attraverso cui la narrativa giapponese si eleva al lirico e al poetico lo racconta Giorgio Amitrano, professore di letteratura giapponese all'Orientale e traduttore di autori di grido quali Banana Yoshimoto e Haruki Murakami. Il 18 marzo, alle 20.30 il ciclo d'incontri Come alla corte di Federico (www.comeallacorte.unina.it/) organizzato dalla Federico II, ha ceduto per una sera, come ogni anno, la staffetta all'Orientale per Messaggerie Orientali. Nell'aula congressi di via Partenope, di fronte a Castel dell'Ovo, in un incontro divulgativo aperto al pubblico, Giorgio Amitrano ha spiegato il successo della letteratura giapponese nel mondo occidentale, soprattutto quello di Murakami con Norvegian Wood. Sognare anche a partire dalla realtà, senza cioè evadere da essa: questo il segreto della narrativa giapponese in cui il rapporto molto saldo tra poetico e concreto è stato illustrato con una carrellata dei suoi testi più rilevanti. "Con l'autore di Tokyo Blues - ci aveva anticipato Amitrano - arriviamo al paradosso di una grande elaborazione fantastica a partire dalla realtà del giorno d'oggi". Al termine della relazione, il professore ha risposto alle domande del pubblico secondo l'uso della corte di Federico II di Svevia dove nessuno era chiuso nella sua specializzazione ma tutti curiosi di indagare gli ambiti disciplinari più diversi.
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