"Appartengo con orgoglio all'Orientale, un’istituzione antica che sa essere ancora vivace"
Quali sono i suoi programmi dopo la sua recente rielezione?
Nel futuro immediato uno dei fenomeni che va preso in considerazione è la concentrazione degli studenti su poche discipline che, in alcuni casi, hanno un’utenza ampia. Prima c’era una certa dispersione, c’erano troppi esami, invece, con il nuovo ordinamento abbiamo guadagnato in compattezza dell’offerta didattica. L’obiettivo, dunque, è mantenere un livello qualitativo elevato pur avendo a che fare con numeri così alti. Ovviamente ci sono punti critici, per esempio le tesi: non è pensabile che pochi docenti seguano le tesi di 200-300 studenti. Mi sono impegnato con la Facoltà a fare una riflessione sulla sostenibilità di questa situazione.
Altro punto importante è il carattere sperimentale e dinamico che un’Università deve avere. Molti settori della Facoltà di fronte alle difficoltà hanno reagito bene, si sono inventati nuove risposte: sono nati corsi di specializzazione e master che per la nostra Facoltà sono grandi novità. Queste iniziative partono da noi e sono non solo interfacoltà ma anche internazionali, con l’appoggio di istituzioni straniere: per esempio, il corso di specializzazione in francese in collaborazione con l’Università di Ginevra.
Un progetto che abbiamo in cantiere è un master in Italian Studies che abbia un taglio molto ampio. La prospettiva sarà interculturale e il master sarà rivolto a studenti stranieri o a chiunque voglia acquisire le coordinate della cultura del nostro paese (non solo la letteratura e la lingua), non in un senso autoreferenziale, ma piuttosto guardando l’Italia e il suo posizionamento nel Mediterraneo e in Europa.
Un altro obiettivo è internazionalizzare un paio di percorsi didattici. In particolare c’è molta attenzione per il corso di secondo livello di traduzione, per il quale già abbiamo accordi con la Facoltà di interpretariato dell’Università di Ginevra.
Che cosa cambierebbe dell’Orientale?
Più che cambiare, migliorerei alcune cose a partire dai servizi.
Quali sono gli sbocchi professionali della Facoltà?
Bisognerebbe capire quali sono le professioni che si fanno. In un momento in cui il mercato del lavoro è improntato alla flessibilità, cosa che a me non piace, quello che si chiede a tutti gli studenti è di essere estremamente flessibili. Infatti a distanza di anni vediamo che i nostri studenti hanno trovato i lavori più disparati: nel turismo, nell’assistenza e spesso nel privato dove sviluppano forme di auto-imprenditorialità.
Bisogna capire che l’input non lo dà la formazione ma il mercato, che decide quali lavori si fanno.
Come è il suo rapporto con i rappresentanti degli studenti? È un rapporto costante? Positivo?
Il rapporto è molto positivo e mi piacerebbe che fosse più costante. Naturalmente ci sono periodi dell’anno in cui i rappresentanti sono impegnati a fare gli esami e necessariamente sono poco presenti.
Ha letto la recente lettera di una studentessa dell’Orientale sul giornale online “Il Levante”? Che cosa ne pensa?
Ho avuto l’impressione che la lettera abbia un approccio molto emotivo. Naturalmente chi scrive lo fa a partire da emozioni, noi, invece, abbiamo il dovere di essere più analitici. Se in Facoltà ho 4300 studenti, ho l’obbligo di seguire prima le grandi tendenze e poi i singoli problemi. Chi scrive lo fa, invece, sull’onda del singolo problema.
Detto questo, gli studenti devono capire che se le risorse continueranno a essere tagliate, la qualità della didattica e dei servizi sarà sempre più scadente e questo al di là di ciò che noi possiamo fare.
Non sarebbe utile monitorare gli interessi culturali degli studenti per organizzare attività formative o stage rispondenti non solo alle loro scelte professionali ma anche alle loro vocazioni più vere?
Assolutamente sì! Ma anche su questo incide il fatto che se ci sono meno risorse ci saranno meno possibilità di portare in Ateneo esperienze interessanti. Per far venire a “L’Orientale” un professionista serio che faccia un seminario è necessario pagarlo. Meno risorse, meno attività.
Che cosa pensa dell’Open Access?
È molto positivo come approccio a patto che maturi una nuova mentalità, un approccio diverso da quello tradizionale e questo è anche il nostro compito.
Crede che l'Orientale stia perseguendo una politica attenta e aggiornata in questo ambito?
Penso che “L’Orientale” possa fare di più e sono sicuro che riusciremo a farlo nei prossimi anni.
I nostri dottorandi sono a suo avviso competitivi con quelli formati presso altri atenei, non solo italiani?
Un discorso complessivo non si può fare. Per le discipline che conosco mi sembra che la situazione sia positiva e vedo che i nostri studenti all’estero sono molto apprezzati. Quando ero Pro-rettore sono stato a Shangai, a Kyoto, a Calcutta, e in ognuna di queste città ho trovato nostri studenti che si facevano valere.
A suo avviso, le politiche di diffusione della ricerca effettuata nell'ambito dei nostri dottorati di ricerca sono efficaci e competitive? Giudica adeguata ai tempi, ad esempio, la visibilità di tali ricerche nel Web?
Sicuramente su questo si può fare di più, ma non è detto che il vecchio scacci il nuovo: quando venne fuori il cinema, tutti erano convinti che avrebbe ucciso il teatro, in realtà il teatro continua ad avere il suo ruolo. Dunque una cosa non esclude l’altra e le diverse cose devono interagire. Di sicuro nel tempo ci sarà un assestamento, ma ciò dipende anche dal cambiamento della mentalità (e cambierà).
Lei legge libri in formato digitale?
Sto leggendo libri in formato digitale, soprattutto presi dalla rete o in formato cd-rom. Per il momento si tratta di uno strumento di documentazione per lavoro più che di una fruizione a tutto tondo. Continuo a leggere libri normali, ma anche questo ha una sua evoluzione.
L’uso dei pc e del web agevola le abbreviazioni e le forme di scrittura contratte, che ormai sono all'ordine del giorno. Che cosa ne pensa? Vanno stroncate o tollerate come forma di evoluzione di un linguaggio che cambia continuamente nel tempo?
Non è giusto avere un atteggiamento autoritario. Né stroncare, né tollerare. Bisogna osservare quello che succede e fare una buona politica culturale. Come dicevo prima, non è detto che il nuovo sostituisca il vecchio.
Che cosa le piace leggere nel tempo libero, oltre ai libri legati al suo ambito di studio?
Leggo tanta narrativa e cerco di essere lontano dal mio ambito: soprattutto scrittori israeliani, giapponesi, libri di psicologia e di filosofia orientale.
Che tipo di musica ascolta? Quali sono i suoi autori preferiti?
Ho gusti molto vari: jazz, bossa nova, classica e pop. C’è l’imbarazzo della scelta per i nomi, ma dico: Coltrane, Veloso, Mozart e Pino Daniele.
Un’ultima domanda, con la quale ritorniamo alle sue funzioni: che cosa ha fatto, da quando è stato eletto Preside, di cui va veramente orgoglioso?
L’orgoglio non è personale ma è di appartenere a “L’Orientale”, un’istituzione antica ma che sa essere ancora vivace. È fondamentale che l’Università crei un ambiente in cui le persone, creativamente, possano sperimentare. A questo tengo molto ed è ciò che interessa di più agli studenti. In questo senso è importante non solo che l’Università consegni una tradizione alle generazioni presenti e future ma anche che costruisca questa tradizione, che la reinventi. Credo che nella nostra Facoltà questo stia succedendo nonostante tutte le difficoltà di cui abbiamo parlato.
Una cosa di cui sono abbastanza soddisfatto, non solo per merito mio ma grazie a uno sforzo di tutta la Facoltà, è l’essere riusciti a mantenere un profilo vivace e variegato, mettendo insieme energie che venivano anche da altre Facoltà. Finalmente abbiamo unito tutte le lingue dell’Europa presenti all’Orientale nel corso di laurea di Mediazione Linguistica.
Augusto Guarino [5] Facoltà di Lingue e Letterature Straniere [6] L’Orientale [7] università [8]
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